#riciclo_vitale

Risorse sprecate.

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Il riciclo è parte di noi come è parte della natura che ci crea e ci circonda. Nulla viene sprecato nei cicli produttivi della natura. Ogni minuscola particella ha una sua funzione, anche se non tutte sono gradevoli o salubri per alcune specie. Nutrimento e scarto vengono distribuite per il mantenimento di un complesso ecosistema alla quale, pigramente, viene attribuito il termine “vita”. Eppure per alcune specie l’esistenza viene assicurata dallo scarto o dalla morte di altre forme di vita. Nulla è lasciato al caso nel ciclo naturale della vita su questo minuscolo sasso ruotante. Una piroetta dopo l’altra, stagione dopo stagione, generazione dopo generazione arriviamo al microsistema attuale di coesistenza. La regola di sopravvivenza richiesta dalla combinazione odierna, a grandi linee quasi centenaria, costruita su forme e formule sembra ignorare un fattore fondante dell’esistenza – la natura.

Diciamo di noi stessi di essere una specie pensante, eppure abbiamo prodotto i più sconclusionati metodi di autodistruzione. Stanno agli antipodi l’incremento della popolazione globale grazie alla capacità di prolungare gli stati indifesi dell’esistenza e la cruda necessità di acqua, nutrimento, rifugio per poter contribuire al mantenimento di meccanismi dannosi all’esistenza stessa. Un numero imprecisato di popolazione lavora, in ogni momento, per potersi procurare l’essenziale alla vita fornendo il proprio operato a sistemi che distruggono elementi fondamentali per la sopravvivenza della propria e di altre specie. Un cul de sac che sembra prodotto da un’essere idiota, citando il film Idiocracy, piuttosto che da un’arrogante forma di vita che si autodefinisce “intelligente”. Sorge qualche spontaneo dubbio riguardo la cosiddetta forma di vita “pensante” che l’essere umano si è auto-attribuito.

Una parte dell’umanità viene quotidianamente sacrificata e schiavizzata per permettere a un’altra parte di umanità di godere di oggetti superflui e dannosi all’intero ecosistema planetario. L’organizzazione gerarchicamente rigida di api, formiche e altri esseri, ha uno scopo collettivo intento a proteggere sia l’esistenza attuale che la progenie futura. Questo tipo di forme di vita produce e mantiene un sistema complesso di regole interne per permettere la coesistenza non solo della generazione vivente, ma anche di quelle future. Il sistema implementato dall’essere umano consuma superfluamente e distrugge inconsciamente la possibilità di un’esistenza, da esistere o non esistere, già per le prossime generazioni. Chi vive oggi coesiste con la più brutale forma di approccio umano alla natura – acqua dolce sprecata o avvelenata, ecosistema a rischio collasso che mette in difficoltà i cicli naturali, umanità impegnata in perpetuare una distruzione di massa ambiziosa al punto di essere più devastante di tutte le guerre.

Quanto è semplice allineare immagini e informazioni per ottenere risultati incredibilmente efficaci – dallo spostamento nello spazio e nel tempo al cibo pronto per essere mangiato che arriva fino alla porta di casa – tutto appare accessibile e possibile ovunque e in ogni momento. In tutto questo, la catena dei viveri segue i cicli vitali della natura e il suo processamento richiede impiego di lavoro da parte di persone che spesso quello stesso cibo che raccolgono per altri non se lo possono permettere.

Il termine “credo” in tutte le sue definizioni e declinazioni è quello che permette all’essere “sapiens” di discernere la molle infinita di informazioni nella quale si naviga quotidianamente. Concettualmente è un procedimento simile al dover procurare l’acqua, la farina, il lievito, il sale e lo zucchero per poter combinare tecniche e conoscenze allo scopo di ottenere il pane. In una società in cui è possibile avere tutto pronto in tavola senza sapere produrre quello che si consuma e si utilizza, il conoscere il procedimento e saperlo replicare è il tassello fondante di ogni esistenza. Il fatto che noi personalmente ignoriamo come si ottiene ogni singola cosa che consumiamo e utilizziamo, non esclude che qualcuno altro lo debba sapere per poter produrre l’intricato sistema di interazioni e connessioni necessarie per la nostra, molto, personale sopravvivenza.

Senza schermi e senza spesa, l’umanità “evoluta” rischierebbe di retrocedere a rischio fallimento di tutte le teorie promosse e protette. Il fiasco del pensatore potrebbe produrre uno sciame sismico di turbolenze nel sistema di coesistenza applicato senza una priorità collettiva incentrata sul proteggere il nostro ecosistema perché sennò tutti, d’accordo o in disaccordo, “siamo fritti”.

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